Terre shakespeariane

La terra ha musica per coloro che ascoltano

Percorso itinerante

Nell'ambito del Festival in una notte d'estate – percorsi: l'architettura della parola tra città e terra

Nell'immenso cratere del teatro shakespeariano troviamo tanti riferimenti alla terra intesa, come la grandezza dell'autore consente, in innumerabili modi: la terra come luogo immaginifico, come sepolcro, come luogo di evocazione, come terreno di conquista, e molto altro ancora.

E la terra ha, per noi uomini, davvero molteplici significati: è “creatrice” secondo la nostra cultura biblica, è “madre” perché con i suoi frutti ci nutre, è “un ideale” e per essa abbiamo sempre lottato e continuiamo a lottare, è l'ultima dimora, perché essa ci accoglie dopo la morte. E' quindi anche “stasi”, immobilità contrapposta all'inutile agire umano.

In un percorso sulle alture del Levante cittadino, tra olivi limoni e muri a secco, affronteremo alcune scene di opere shakespeariane che ci guidano nel pensiero che soggiace alle scelte. La terra ha musica per coloro che ascoltano introduce la prima parte: la terra immaginifica; tratto da Il Sogno di una notte di mezza estate, il succo del fiore fatato di Puck e le vicende dei quattro giovani che si concludono nella farsa di Piramo e Tisbe; la scena della divisione del regno tra le tre figlie di Re Lear illustra perfettamente la bramosia di potere; le streghe del Macbeth annunciano la strage per il potere che si concluderà con l' “avanzata” del bosco di Birnam: dice Macbeth: Non mi arrenderò per baciare la terra davanti ai piedi del giovane Malcolm! Sebbene il bosco di Birnam sia venuto a Dunsiname, e mi sia di fronte tu, che non sei nato da donna, pure, tenterò l'ultima prova. E con la morte “giocano” i becchini nella famosa scena di Amleto: Oimè, povero Yorik! — Lo conobbi, Orazio; un uomo di inesausta vena per le facezie, una famosa fantasia; mi ha portato in braccio le mille volte: ed ora mi fa orrore! e mi si chiude la gola. — Qui stavano quelle labbra che ho baciate chi sa quante volte. Dove sono adesso le tue beffe? i tuoi versacci? le tue canzoni? le tue follie che provocavano tante risate? Tutta l'opera Amleto è pervasa da un senso di inutilità che si comprende molto bene in questo monologo: Da qualche tempo, non so perché, ho perso tutto il mio buonumore e ho abbandonato ogni esercizio. E in realtà son così giù d’umore che questo bell’edificio, la terra, mi sembra un promontorio sterile, questa volta d’aria stupenda, quello straordinario firmamento lassù, quel tetto maestoso trapuntato di fuochi d’oro, ebbene a me non pare che una massa lurida e pestifera di vapori. Che opera d'arte è l'uomo, com'è nobile nella sua ragione, infinito nelle sue capacità, nella forma e nel muoversi esatto e ammirevole, come somiglia a un angelo nell'agire, a un Dio nell'intendere: la beltà del mondo, la perfezione tra gli animali, eppure, per me, cos'è questa quintessenza di polvere? L’uomo non mi piace e nemmeno la donna.

Le metafore, analogie e riferimenti al mondo delle piante presenti nelle opere del Bardo non sono solo frutto di una formazione culturale, ma rivelano anche un legame intimo e personale con la terra e una profonda comprensione della natura. La potenza misteriosa dell’ambiente naturale, con il suo potere curativo e venefico, viene esplorata da Shakespeare, che riconosce il legame intrinseco tra l’umano e la Natura.

In molte opere di Shakespeare risaltano il paesaggio della natura, i suoi colori, l’odore, attraverso le descrizioni di un mondo vegetale rigoglioso, presente, dominante. Nella scrittura riesce a sottolinearne la ricchezza, la varietà, nelle metafore usa con precisione puntuale le piante, dalle più comuni alle più esotiche.

Un percorso che ha come sede le alture del Levante cittadino e l'Istituto di Agricoltura (istituto di Istruzione Secondaria Superiore) B. Marsano di Sant'Ilario: un'ampia villa che fu nel 1800 la residenza di Bernardo Marsano, che donò i propri beni all'allora Regno d'Italia con il vincolo di realizzare una scuola agraria. All'Istituto è annessa l'Azienda Agraria costituita di circa 17 ettari di terreno direttamente condotto e destinato a colture floricole, orticole e arboree.

Posti limitati, prenotazione obbligatoria

Raggiungibile con mezzi propri o con bus 516 dal capolinea Oberdan 2/Ponte di Nervi

con F. Bianchini, A. Bignone, R. Castaldo, P. Drago, P. Montandon, E Rovella, A. Zirulìa

regia Daniela Ardini - aiuto regia Paolo Portesine

arredi e costumi Giorgio Panni e Giacomo Rigalza

produzione Lunaria Teatro

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